Nata da una famiglia piemontese di nobili origini, riscosse subito un grande successo con l'apparizione della sua prima collezione di versi, nel 1796, quando aveva solo ventidue anni. La sua incredibile abilità nel comporre, in diversi stili poetici e metriche, unita alla sua sconfinata cultura, in una società in cui le donne venivano educate solo al canto e al disegno, la fecero acclamare come una nuova Saffo.
Le sue origini familiari furono di certo fondamentali, infatti il padre il conte Giuseppe Angelo Saluzzo di Montesignio, uno scienziato, fu uno dei fondatori di una società di fisica e matematica, che, nel 1783, divenne la Reale Accademia delle Scienze di Torino. Fu il padre a riconoscere il talento di Diodata e ad incoraggiarla nelle sue espressioni letterarie, spingendola a pubblicare i suoi lavori. Fin da piccola aveva manifestato la propensione ad esprimersi in versi, di cui una parte fu pubblicata nel 1796.
Nel 1789, a quindici anni, aiutò il padre ad organizzare un'accademia scientifico-letteraria per bambini a casa loro, dove, con i suoi fratelli e altri giovani amici, discuteva appassionatamente.
Nel 1795, divenne membro dell'accademia dell'Arcadia, e, dopo l'uscita delle sue collezioni di versi, fu accolta in molte altra accademie italiane. Nel 1802, divenne la prima donna ad essere ammessa all'Accademia delle Scienze di Torino.
Pubblicò moltissime opere, di cui la più estesa è la sua collezione di Versi, in quattro volumi, edita nel 1816-17. Uscirono poi Ipazia, un poema epico, pubblicato nel 1827, e, nel 1830, Novelle, una raccolta di racconti.
Negli ultimi anni della sua vita, amareggiata dai giudizi negativi, dovuti alla sua scelta di non avere una famiglia, Diodata rimpianse le sue decisioni. Per riempire la sua mancanza di famiglia, viaggiò sempre molto, coltivando le lettere e le amicizie in giro per il mondo. Nel 1837, un attacco, le causò una paralisi nel lato sinistro del corpo, che la portò alla morte in tre anni.
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