IL CINEMA ITALIANO
Recessione economica: è una fase di rallentamento della crescita economica, causato da molteplici fattori: alto
Foto "Amarcord" di Federico Fellini, 1973 |
La spinta verso il cinema d'autore, che già si era delineata negli anni precedenti, assunse a partire dal 1965 un andamento più pronunciato.
Questo periodo è stato dominato dalla grande personalità di Federico Fellini, il quale attraverso differenti spunti tematici (Fellini - Satyricon, 1969; Roma, 1972), ha intrapreso un cammino personale ed originale, sfociato nel poetico affresco autobiografico di Amarcord (1973).
Dopo Fellini ha dimostrato singolare coerenza Luchino Visconti, che si impone all'attenzione come un preciso ed elegante illustratore di un mondo scomparso attraverso il malinconico rimpianto della fastosità mitteleuropea (La caduta degli dei, 1969; Morte a Venezia, 1971; Ludwig, 1973).
Ludwig di Luchino Visconti del 1973 |
Più discontinuo
è apparso Michelangelo Antonioni
che, dopo un'opera di grande impegno come Blow-Up (1966), non
ha confermato la sua vena di sottile e intelligente sperimentazione
psicologica (Zabriskie Point, girato in America, 1970). Passato
al documentario con un film sulla Cina (Chun Kuo, 1973), che
ha suscitato le proteste cinesi, tanto da arrivare a bloccare la proiezione
pubblica. Successivamente Antonioni è tornato ai film a soggetto,
sulla scia di Blow-Up, con Professione: Reporter.
Di notevole valore artistico, sono le opere in cui si sono cimentati
registi come V. De Sica (Il giardino dei Finzi Contini, 1970;
Una breve vacanza, 1973; Viaggio, 1974) e P. Germi (L'immorale,
1967; Serafino, 1968; Alfredo, Alfredo, 1972), permeate
di appassionato lirismo.
Una svolta abbastanza brusca, rispetto alle sperimentazioni del periodo,
ha caratterizzato l'opera di P. P. Pasolini: dopo Edipo re (1967),
Teorema (1968), Medea (1970), I racconti di Canterbury
(1973) e Il fiore delle mille e una notte (1974), tutti film
stimolanti e originali, anche se non sempre convincenti.
In questi anni si delinea
in modo più netto e comincia ad acquistare credito il film di
denuncia sociale, di cui offrono buone prove registi come Elio
Petri con Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto
(1970) e La classe operaia va in Paradiso (1971), Damiano
Damiani con, Il giorno della civetta, (1967) e Girolimoni,
(1972), M. Bolognini con Fatti di gente per bene (1974), e soprattutto
F. Rosi, che proseguendo il suo discorso sulla storia civile italiana
contemporanea, dopo un controverso Uomini contro (1970), ha realizzato
Il caso Mattei (1972) e Lucky Luciano (1973). Al fianco
di Rosi, in questo immaginario cammino narrativo, troviamo un regista
della generazione successiva rispetto a quelli già citati, e
cioè G. Montaldo, autore di Gott mit uns (1970), di Sacco
e Vanzetti (1971), di Giordano Bruno (1973), mentre F. Vancini
ha apportato anch'egli un rilevante contributo con Il delitto Matteotti
(1974), sebbene le prove più valide di questo regista siano
nei film "gangster" ispirati al cinema americano (Svegliati
e uccidi, 1966 e Banditi a Milano, 1968).
Sotto alcuni aspetti il cinema italiano ha trovato in questo periodo
i migliori talenti in voci nuove di registi che, in modi differenti
hanno cercato di rompere con la tradizione del passato.
Fra questi registi emerge il nome di Marco Ferreri, che con il suo atteggiamento
caustico, a volte paradossale, nei confronti della società consumistica
degli anni '70, ha realizzato una serie di film interessanti e con una
precisa finalità di derisione (L'ape regina (1963), La
donna scimmia (1964), L'udienza (1971), La grande abbuffata
(1973).
Hanno avuto una decisa posizione di sfida verso le platee dei film commerciali
e verso i temi tradizionali, Bellocchio (I pugni in tasca, 1965; La
Cina è vicina, 1967; Nel nome del padre, 1972; e Liliana
Cavani, autrice di un anticonformistico Galileo (1968), dei Cannibali
(1969), e soprattutto del Portiere di notte (1974).
Dobbiamo inoltre ricordare E. Olmi (IL posto,
1971; La circostanza, 1974), M. Leto (La villeggiatura,
1973), i fratelli Taviani, sostenitori
di un cinema fortemente politicizzato (San Michele aveva un gallo,
1972; Allonsanfàn, 1974), Dario
Argento, specializzatosi in gialli psicologici e in film con
forte suspance (L'uccello dalle piume di cristallo, 1970;
Il gatto a nove code, 1971, Quattro mosche di velluto
grigio, 1974), F. Zeffirelli (La bisbetica domata, 1967;
Giulietta e Romeo, 1969) che ha saputo coniugare un'ottima
aderenza ai testi shakespeariani con un buon successo di pubblico.
Infine è da segnalare un genere che negli anni '70 raccolse
innumerevoli successi, il western all'italiana (o "spaghetti
western"), caratterizzato da un'esasperazione dei temi classici
(sparatorie, risse, inseguimenti) e da un'ironica visuale degli
eroi classici. Il miglior rappresentante di questa tendenza è
Sergio Leone (Per un pugno di dollari, 1964; Per qualche
dollaro in più, 1965; Il buono, il brutto e il cattivo,
1966, Giù la testa, 1966).
Una nota, merita Lina Wertmüller,
regista che ha lasciato un segno importante nella commedia italiana,
e che grazie anche alla interpretazione della coppia Mariangela
Melato - Giancarlo Giannini,
ha firmato successi come Mimì metallurgico ferito nell'onore
(1972), Film d'amore e d'anarchia (1973), Travolti da
un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto (1974). Nel 1975
curò la regia di Pasqualino settebellezze che la fece conoscere
al pubblico internazionale, in particolare a quello americano e
che le valse la nomination all'Oscar.